lunedì 13 aprile 2015

Gianni il cane


E’ venerdì, dopo lavoro, e da un po’ sono bloccato nel traffico. La colonna d’auto davanti a me sembra non finire mai ed io butto via le ultime ore di sole ascoltando l’unica stazione radio che prende in quel dannato punto di statale. Un insulso parla di cose insulse assistito da telefonate di ascoltatori insulsi da morire. Mi annoio da matti, mi viene da piangere...


Ad un certo punto però ecco che dai campi sulla destra sbuca un cane di grossa taglia tutto bello scodinzolante e subito dietro di lui una vecchietta tutta affannata che cerca di stargli dietro reggendo tra le mani un guinzaglio come se fosse un rosario.
Ho i finestrini chiusi ma sento che la vecchietta chiama il cane. Mi pare che lo chiami Gianni, ma non ne sono affatto sicuro. Al cane Gianni non sembra comunque fregargliene un granché della vecchietta: ogni tanto si gira a guardarla ma non accenna a fermarsi e si avvicina pericolosamente alla strada trafficata. Si vede che il bestione vuole giocare, ma è chiaro che auto e camion non sono gli amici giusti.
Nella mia corsia di marcia le auto sono ancora ferme, ma dall’altra parte vengono giù veloci come dei proiettili. Me ne accorgo anche da come si scuote la mia auto al loro passaggio, da come il vento si schiaccia tra le portiere e i vetri producendo uno strano sibilo.  
Il cane Gianni però questo non può saperlo ed entra in strada come se fosse ai giardinetti. Lo vedo fare il giro della macchina che mi sta davanti e poi cambiare di colpo carreggiata proprio mentre dall’altra parte sta arrivano una Fiat Cinquecento. 
Lì per lì penso: “Meglio che un Tir...” però poi vedo che la Cinquecento giustamente inchioda sbandando un tantino di troppo su di una strada costeggiata da quel lato da platani centenari e ristretta dalla colonna d’auto sul lato opposto. Senza contare la fila d’auto che arriva sparata da dietro.

Chiudo gli occhi e aspetto il botto, del rumore di ossa e di vetri rotti, ma non succede niente.

Il guidatore della Cinquecento blocca l’auto in tempo e senza uscire di strada, quello che gli sta dietro fa lo stesso e quello dietro ancora deve avere un santo in paradiso perché si ferma a pochi centimetri dal paraurti che lo precede. Il cane nel frattempo se n’è tornato sano e salvo nella nostra corsia ed ora è pacificamente seduto tra mia auto e quella che mi sta davanti. La vecchietta ne approfitta per agganciare il guinzaglio al collare, ma non appena prova a portarlo via, Gianni il cane fa resistenza. Evidentemente sta bene lì, col culo sull’asfalto caldo. La vecchietta prova a tirarlo ma ha i muscoli di Olivia, non quelli di Braccio di Ferro. Prova una, due, tre volte, poi desiste e passa alle minacce:

“No te do pì da magnare!” (non ti do più da mangiare!)
“No te faso pì nar fora!” (non ti faccio più uscire fuori!)
“Te tegno a cadena!” (ti tengo a catena!)
E, dulcis in fundo:
“Te copo!” (ti ammazzo!)

Tutte cose che evidentemente, a Gianni il cane, non fanno né caldo ne freddo. Intanto il guidatore dell’auto davanti, mosso dalla sindrome “Marvel”, apre la portiera e scende per aiutare la vecchietta, ma quando il cane si gira e gli mostra contemporaneamente quattro arcate dentarie formate ovviamente da tutti canini, questi rimonta subito in macchina e fa scattare la sicura.


Nel frattempo il traffico sembra sbloccarsi, più avanti vedo le auto in colonna staccarsi l’una dall’altra e ripartire. Quando arriva il mio turno Gianni il cane e la vecchina sono ancora davanti al mio cofano e non so bene che fare. La vecchina adesso sembra un giochetto per il cane, sembra uno di quei bambolotti di gomma che quando li schiaccia fanno “beep-beep!”. Il cane invece pare proprio a suo agio, a casa sua. 
Io però a casa ci devo e ci voglio andare così mi decido e do una strombazzata. Schiaccio il clacson tre volte. Le prime due leggermente, con delicatezza e la terza con più vigore, stile Tir in galleria. 

E’ quest’ultima sonata che risolve tutto. 

Gianni il cane alza il sedere dalla strada, molla giù uno stronzo dello stesso colore e della stessa consistenza dell’asfalto e dopo essersi girato su se stesso un paio di volte prende la via dei campi portandosi dietro la vecchietta come se fosse uno di quei biscioni paraspifferi che si mettono sotto alle porte d’ingresso per parare l’aria. Mentre avanzo lentamente con l’auto non posso fare a meno di guardare verso i campi: Gianni il cane e la vecchietta sono già due puntini lontani all’orizzonte.    

1 commento:

  1. ahhahahaha diciamo che Gianni ha portato a spasso la vecchietta :D

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