E’ venerdì, dopo lavoro, e da un po’ sono bloccato nel
traffico. La colonna d’auto davanti a me sembra non finire mai ed io butto via
le ultime ore di sole ascoltando l’unica stazione radio che prende in quel
dannato punto di statale. Un insulso parla di cose insulse assistito da
telefonate di ascoltatori insulsi da morire. Mi annoio da matti, mi viene da
piangere...
Ad un certo punto però ecco che dai campi sulla destra sbuca
un cane di grossa taglia tutto bello scodinzolante e subito dietro di lui una
vecchietta tutta affannata che cerca di stargli dietro reggendo tra le mani un
guinzaglio come se fosse un rosario.
Ho i finestrini chiusi ma sento che la vecchietta chiama il
cane. Mi pare che lo chiami Gianni, ma non ne sono affatto sicuro. Al cane
Gianni non sembra comunque fregargliene un granché della vecchietta: ogni tanto
si gira a guardarla ma non accenna a fermarsi e si avvicina pericolosamente
alla strada trafficata. Si vede che il bestione vuole giocare, ma è chiaro che
auto e camion non sono gli amici giusti.
Nella mia corsia di marcia le auto sono ancora ferme, ma
dall’altra parte vengono giù veloci come dei proiettili. Me ne accorgo anche da
come si scuote la mia auto al loro passaggio, da come il vento si schiaccia tra
le portiere e i vetri producendo uno strano sibilo.
Il cane Gianni però questo non può saperlo ed entra in
strada come se fosse ai giardinetti. Lo vedo fare il giro della macchina che mi
sta davanti e poi cambiare di colpo carreggiata proprio mentre dall’altra parte
sta arrivano una Fiat Cinquecento.
Lì per lì penso: “Meglio che un Tir...” però
poi vedo che la Cinquecento giustamente inchioda sbandando un tantino di troppo
su di una strada costeggiata da quel lato da platani centenari e ristretta
dalla colonna d’auto sul lato opposto. Senza contare la fila d’auto che arriva
sparata da dietro.
Chiudo gli occhi e aspetto il botto, del rumore di ossa e di
vetri rotti, ma non succede niente.
Il guidatore della Cinquecento blocca l’auto in tempo e
senza uscire di strada, quello che gli sta dietro fa lo stesso e quello dietro
ancora deve avere un santo in paradiso perché si ferma a pochi centimetri dal
paraurti che lo precede. Il cane nel frattempo se n’è tornato sano e salvo
nella nostra corsia ed ora è pacificamente seduto tra mia auto e quella che mi
sta davanti. La vecchietta ne approfitta per agganciare il guinzaglio al
collare, ma non appena prova a portarlo via, Gianni il cane fa resistenza.
Evidentemente sta bene lì, col culo sull’asfalto caldo. La vecchietta prova a
tirarlo ma ha i muscoli di Olivia, non quelli di Braccio di Ferro. Prova una,
due, tre volte, poi desiste e passa alle minacce:
“No te do pì da magnare!” (non ti do più da mangiare!)
“No te faso pì nar fora!” (non ti faccio più uscire fuori!)
“Te tegno a cadena!” (ti tengo a catena!)
E, dulcis in fundo:
“Te copo!” (ti ammazzo!)
Tutte cose che evidentemente, a Gianni il cane, non fanno né
caldo ne freddo. Intanto il guidatore dell’auto davanti, mosso dalla sindrome
“Marvel”, apre la portiera e scende per aiutare la vecchietta, ma quando il
cane si gira e gli mostra contemporaneamente quattro arcate dentarie formate
ovviamente da tutti canini, questi rimonta subito in macchina e fa scattare la
sicura.
Nel frattempo il traffico sembra sbloccarsi, più avanti vedo
le auto in colonna staccarsi l’una dall’altra e ripartire. Quando arriva il mio
turno Gianni il cane e la vecchina sono ancora davanti al mio cofano e non so
bene che fare. La vecchina adesso sembra un giochetto per il cane, sembra uno di
quei bambolotti di gomma che quando li schiaccia fanno “beep-beep!”. Il cane
invece pare proprio a suo agio, a casa sua.
Io però a casa ci devo e ci voglio
andare così mi decido e do una strombazzata. Schiaccio il clacson tre volte. Le
prime due leggermente, con delicatezza e la terza con più vigore, stile Tir in
galleria.
E’ quest’ultima sonata che risolve tutto.
Gianni il cane alza il
sedere dalla strada, molla giù uno stronzo dello stesso colore e della stessa
consistenza dell’asfalto e dopo essersi girato su se stesso un paio di volte
prende la via dei campi portandosi dietro la vecchietta come se fosse uno di
quei biscioni paraspifferi che si mettono sotto alle porte d’ingresso per
parare l’aria. Mentre avanzo lentamente con l’auto non posso fare a meno di
guardare verso i campi: Gianni il cane e la vecchietta sono già due puntini
lontani all’orizzonte.
ahhahahaha diciamo che Gianni ha portato a spasso la vecchietta :D
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