Poco
fa ho incrociato l’Estate, stava camminando a bordo strada con due borse della
spesa piene di creme solari e braccialetti della fortuna.
Ho
accostato con l’auto poco più in là e quando m’è arrivata a tiro del finestrino
le ho domandato: “Ma dove diamine ti eri cacciata?” e lei mi ha risposto che è
depressa, che piange spesso e che esce solo per fare provviste.
M’ha
detto che da quando l’Anticiclone delle Azzorre l’ha lasciata si sente più
fragile, poco protetta e non riesce proprio a star su.
E
io l’ho interrogata: “Ma cosa fai durante il giorno?”
M’ha
risposto che sta quasi sempre a letto e soltanto verso mezzogiorno si alza a
scaldare qualcosa, se le va. Al pomeriggio invece le piace guardare quei vecchi
film in bianco e nero dove anche il sole è grigio ma la gente sembra contenta
lo stesso.
Allora
mi ha fatto pena e mi sono offerto di darle un passaggio.
Lei
mi ha ringraziato tanto, ma ha rifiutato. M’ha ricordato che le stagioni devono
andare avanti e indietro per conto loro: non si può portarsele appresso,
neanche per un po’ e lei, seppur depressa, è pur sempre una stagione.
Perciò
l’ho salutata e sono ripartito, rischiavo di far tardi: lei comunque m’è
rimasta nel retrovisore per un po’ e poi è sparita, in mezzo al frumento.
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